Segretario Regionale Masci Marche

Israele – 7 ottobre 2023

Ricordare è doloroso, ma essenziale

Non sto pensando alle storie individuali che mostrano non solo le cifre, che già sono grandi e sconvolgenti, ma la perdita concreta: famiglie private dei loro cari, comunità distrutte, infanzia compromessa, traumi che restano. Sto pensando al valore della vita spesso trascurata e posta più come un’abitudine che una dote da salvaguardare e proteggere anche considerando quella degli altri.

Questo ricordo non è solo per chi è morto, ma anche per chi ha vissuto quell’orrore, è sopravvissuto, è rimasto segnato. E per chiedere che simili tragedie non vengano dimenticate, che si faccia in modo che la memoria serva anche a lavorare per prevenire futuri atti di violenza e terrorismo.

Quel giorno, il terrore piombò su civili inermi: famiglie sterminate nei kibbutz, giovani in fuga trovati a decine in un campo mentre festanti durante un concerto musicale e inconsapevoli venivano catturati e uccisi così come i bambini rapiti con i propri genitori e uccisi nei letti.

Chi è sopravvissuto racconta silenzi rotti solo dalle urla, dalle esplosioni, dalla paura di essere scoperti.

Molti sono morti abbracciati ai propri cari, senza riuscire a fuggire. Alcuni sono stati uccisi mentre cercavano di salvare altri.

Questi non sono solo israeliani. Sono persone.

Madri che volevano proteggere i figli. Ragazzi che danzavano. Medici, agricoltori, studenti, rifugiati.

E sono stati uccisi in un giorno che, per chi è rimasto, non finirà mai.

A Gaza, la morte è arrivata a ondate: in case che crollavano, in ospedali al collasso, in scuole, nei corridoi dove ci si rifugiava, durante le fughe verso i camion dei soccorsi carichi di derrate alimentari, un gioco macabro al tiro a segno…ma stavolta non si vince un peluche ma si uccide un essere umano.

Sono morte intere famiglie, a volte 10 o 20 membri insieme.

I bambini sono rimasti senza genitori, i genitori senza figli.

Molti sono morti non per un colpo diretto, ma per mancanza di cure, acqua, sicurezza.

Molti sono stati uccisi mentre cercavano di fuggire, mentre portavano pane, mentre stavano zitti, sperando di essere ignorati dalla guerra.

Queste non sono solo “vittime palestinesi”. Sono persone.

Persone che desideravano vivere, sopravvivere, amare, sognare.

E per molti, la morte è arrivata lentamente, in un assedio fisico e mentale che sembrava infinito.

Il confronto numerico è una progressione assurda una crescita esponenziale senza senso…appunto senza senso, pensando che, prima o poi una risoluzione si dovrà trovare e capiremo che tanti morti si potevano evitare…si poteva evitare già dal 7 ottobre.

Il dolore delle madri israeliane dei padri israeliani, delle madri palestinesi e dei padri palestinesi…non ha lingua, religione, o passaporto diverso.

Entrambe piangono figli che non torneranno.

Entrambe guardano un letto vuoto e si chiedono: perché proprio il mio?

Ogni morto – israeliano o palestinese – porta con sé un mondo interrotto.

E il vero scandalo umano è che, troppo spesso, ci abituiamo a vederli come “loro” e non come “noi”.

La violenza dell’uno non giustifica quella dell’altro, e la giustizia non nasce mai dal sangue.

In entrambi i casi, ciò che si è perso è umanità, futuro, fiducia.

E ciò che resta è trauma, rabbia, silenzio.

Meditiamo su come fare per rinunciare alla violenza ed insistere nella cultura della non violenza e al dialogo.

di Maurizio Piccinini – Segretario Regionale MASCI Marche